un po' spaventosa: una fontana tutta rosa per
ricordare che questo è il mese della lotta al tumore al seno.
Oggi, per cambiare, sto scrivendo dalla
lavanderia a gettoni. C'è il wi-fi anche qui quindi non ho problemi di alcun
tipo: posso anche fare un giro su Facebook e vedere che aria tira da voi. Mi
pare tutto tranquillo, quindi passo a raccontare di me, mentre tremolo a causa
di 10 centrifughe che avvengono in contemporanea.
Sono rimasta indietro di una settimana, e di
cose –come sapete- ne faccio molte.
Lo scorso weekend è stato molto significativo
per me. Innanzitutto ho fatto la volontaria nel quartiere Hill District,
proprio in centro a Pittsburgh. Potrebbe essere il posto più ricco della città
data la posizione panoramica e vicina alla Downtown. Lo è a modo suo: è ricchissimo
di cose da sistemare. A 5 minuti da Downtown, ha come principale caratteristica
il fatto che è molto in alto, in collina, quindi non è facilmente camminabile o
biciclettabile. La cosa più brutta è avvenuta neglia nni ‘50/’60 quando I
bianchi, con le teorie dell’urban renewal, hanno pensato di distruggere tutto,
funicolari comprese, per ricominciare da zero. Non è mai stato più fatto nulla,
e il quartiere si presenta ancora spettrale, con una casa abitata, 3 marce, e
15 rase al suolo - in sequenza ripetuta.
Per 30 anni è stato possibile comprare solo “cibo
spazzatura”, in quella zona, e quando la cosa più sana che puoi trovare è la
Root Beer (che è una sorta di cocacola estratta dalle radici di una pianta. Non
è alcoolica ed è un comunissimo soft drink) anche la popolazione si
imbruttisce.
Nonostante ciò, le persone (afroamericane) che
abitano il quartiere sono orgogliose della loro terra, e molto arrabbiate per
come è stata ridotta dai bianchi. In passato la comunità era vibrantissima e un
gran centro di musica jazz. Negli ultimi anni I residenti si sono organizzati e
ora hanno un bel centro civico e un auditorium con un ottimo palco e acustica
perfetta (solo l’illuminazione fa un po’ schifo).
Long story made short: c'era la festa per l'apertura del nuovo supermercato Shop'n'Save. Io facevo volontariato
come maschera, nell'auditorium. Mi sono potuta vedere delle performances stupende,
con scuole e artisti attivi nel quartiere. C’erano performances di danza,
musica, canto, poesia. I personaggi che si sono susseguiti dal palco erano
meravigliosi, dai 3 ai 90 anni. Un pomeriggio incredibile passato tra suonatori
di bonghi, ballerina, musici di seghe e strumenti afro-alternativi, e
raccontastorie un po’ magici.
Il mio contributo è stato abbastanza semplice:
coordinavo artisti e pubblico, tra palco e platea. Sistemavo un paio di
microfoni, controllavo I tempi… niente di eccezionale e ho avuto in cambio una
gran lezione di belle arti e una t-shirt bellissima, per tutti I volontari.
Loro sono stati molto contenti di me e mi hanno offerto di lavorare per loro. Il lavoro non lo potevo accettare, ma mi sono offerta di fare la volontaria ancora,
appena potessi (cioè il weekend dopo).
Arrivata a casa ero molto contenta di me. Il giorno dopo ho iniziato
tutto un processo di pensamento e di studio di chi sono, dove vado, che faccio
e come lo faccio. Un po’ frustrata dalle cose che non riesco a migliorare, ho
avuto un bel pensiero positivo che mi guiderà per sempre:
se non puoi essere
perfetta, puoi sempre essere migliore
Questo sarà il mio motto per l’eternità.
Scrivetelo sulla mia tomba, prima della scritta: “torno subito” (mi sembra un pensiero positivo, da avere sulla lapide).
Domenica, dopo i pensieri profondi della prima mattina, ho fatto un’ora
di bici in una giornata fredda ma bellissima per raggiungere le persone che
parlano Italiano, o ci provano. Per loro ho anche cominciato un piccolo e
semplice blog dove scrivo un paio di parole citate durante l’incontro, o di
modi di dire che spiego. Poi aggiungo qualche cretinata, scrivendo un po’ in
Italiano e un po’ in Inglese. Tanto per fare esercizio io e loro. A questi
incontri io mi diverto e loro anche. Win-win, vincono tutti.
Arrivata a casa dopo un’altra ora di bici, ho fatto al volo dei
pierogis a modo mio. I pierogis sono dei ravioli Polacchi (comunità immigrata
qui con Italiani e Irlandesi) pieni di patate dentro e burro fuori. Io ovviamente
ho fatto una cosa molto più semplice, con patate bollite dentro, no burro né
olio (ma solo un goccio di salsa di soia) e la pasta del raviolo inventata
orrendamente al momento. Era un po’ dura, ma ha fatto i suo dovere. La prossima
volta magari leggo come si fa, che ne guadagno soltanto. Con il resto della
patata bollita avanzata, ho appallottolato tutto a mano, e poi rotolato nel
grana. Se avessi avuto voglia di aspettare ancora (ma erano già le due passate)
avrei potuto infornare tutto e mettere nel forno, a dorare. Ma non importa: ho
fatto una cosa più semplice e veloce, più che mangiabile.
Per concludere la mia domenica, ho iniziato l’acquerello della zucca che
dovrei mettere sulla finestra, per dare un idea di Halloween. Il risultato,
dopo diverse serate di lavoro, è questo:
Lunedì ho ricominciato la mia settimana con buoni propositi di
risparmio, impegno e miglioramento. A fine giornata invece ho incontrato,
facendolo arrivare in studio, un amico di un amico (entrambi Italiani). Mauro è
da un mese a Philadelphia per un dottorato. Sta facendo uno studio sul muro
nell’architettura moderna, se non ricordo male, e al momento sta andando in
giro per la costa Est per visitare degli edifici di Louis Khan. Non è tra i più
famosi, fuori dal mondo dell’architettura, ma per noi architetti è davvero un
maestro. La tappa a Pittsburgh (2 notti) era dovuta dal fatto che doveva
visitare un edificio di Khan a Greensgurgh, a un’ora da qui: la Tribune Review:
Per il pernottamento ha scelto di fare couch-surfing, letteralmente il
surf dei divani. In realtà, si tratta di persone comuni che mettono a
disposizione un posto letto. Tutto tramite internet. In America è molto comune
e l’idea è un po’ quella di dare e ricevere. Si paga per la notte, ma poi si fa
anche amicizia e di solito poi ci si scambia il favore visitandosi al
contrario. Io ho accompagnato Mauro da Brian, che non conoscevo, nel quartiere
di lawrenceville, molto vicino a dove ho vissuto per 4 mesi l’anno scorso. È
una zona molto interessante e Brian è simpaticissimo, con una casa molto bela.
Mauro si è sistemato per bene e poi siamo andati a prendere una birra e loro
anche un hamburgher. Io li ho lasciati un po’ presto, verso il resto della
settimana.
Martedì, forse a causa del freddo potente, ero un po’ giù di morale.
Inoltre ho anche ingaggiato una lotta furiosa con il letto, cercando di mettere
le mie lenzuola vecchie nel letto nuovo. Io non capisco la taglia del letto: il
king che ho comprato è troppo grande, mentre il queen che avevo è troppo
piccolo. Ma che razza di taglia è? Un king magro o una queen obesa?!
Gran parte del mio malumore è stato dato anche dal dover dire ancora di
no, all’ultimo, a quel vicino Italiano che continua a chiedermi di andare al
suo gruppo di Italiano. A me dispiace veramente, ma il martedì non può
pretendere che io sia a casa alle 6.30. Non avviene! C’è da preparare un sacco
di cose per la settimana, quindi è inutile insistere. Per due volte ho provato
a dire sì, ma poi ho dovuto cancellare tutto. E sinceramente mi sono molto
indisposta per il proseguire delle comunicazioni, che rasentavano il ridicolo.
La verità è che sono già impegnata su troppi fronti, quindi non me ne frega
niente: decido io cosa fare e quando, e non devo sentirmi in colpa se a volte
dico di no.
Mercoledì è stata una giornata più positiva, con un bel meeting col
cliente e il mio capo che era contento del lavoro presentato. Avevo la carica
giusta per poter proseguire la giornata e concluderla con una banjo-night tutta
speciale. Un posto dietro casa ospita virtuosi del banjo, ogni mercoledì.
Siccome tutti mi chiedevano se ci ero stata (è dietro casa) allora ho invitato
i miei amici architetti a fare la serata banjo, per davvero. Dentro era
veramente buffo: pieno di gente, e questi suonatori vecchissimi che ci davano
dentro. Professionale, ma ridicolo (o viceversa). Una serata molto divertente
di sicuro, dove mi sono potuta svagare un attimo.
Giovedì sera c’era il grande Gala degli architetti, con i premi
assegnati per i migliori progetti. L’anno scorso avevo partecipato con il mio ponte
musicale, e avevo vinto. Quest’anno non ho voluto, tra un visto e l’altro,
quindi sono stata solo spettatrice. Dopo le premiazioni ci siamo spostati tutti
al piano di sopra, dove c’era cibo molto buono e tantissime persone. Ho
conosciuto qualcuno di nuovo, ma alla fine della serata eravamo tutti noi amici
di sempre. È bello potersi togliere il badge (il cartellino) col nome e andare
in giro intrufolandosi nelle conversazioni altrui. Tanto ci si conosce tutti.
Io ero spumeggiante e ho proprio dato il meglio di me. Sono
soddisfatta. Il nostro studio ha vinto anche un premio per un progetto che è
stato fatto ad Haiti. Molto bello, sono proprio felice che abbia vinto. Si
chiama Hince- Center fo Hope. Centro della speranza, è una scuola per Haiti.
Nel 2011 due del nostro studio sono stati là, per una settimana, e hanno
pensato il progetto, ascoltando gli abitanti del luogo. Una volta tornati negli
States, hanno disegnato tutto e poi è stata la comunità locale che ha
effettivamente costruito tutto. A noi mandavano tutte le foto con gli
aggiornamenti, ogni tot mesi. Vedere il progetto premiato è stato molto bello.
Inoltre, questi erano i premi di Pittsburgh, ma quello stesso progetto ha vinto
anche il premio a livello statale, per la Pennsylvania. Premiato due volte!
Venerdì in studio eravamo tutti molto rilassati, bisogna dire. Io ho
lavorato su di un progetto interno, di public relations. Vi dirò poi, tra
qualche settimana, di cosa si tratta. A pranzo sono andata finalmente nel nuovo Public Market con la mia amica
Michelle, per pranzare assieme. La giornata era stupenda e il posto molto
carino. È un gran capannone, appena rinnovato, dove i venditori di prodotti
locali possono vendere tutto al loro stand. Il vecchio posto era un po’ più
verso Downtown, Sempre nello Strip District, ma era freddo e decadente. Questa
nuova location è molto più conveniente per noi dello studio, e poi finalmente
hanno attrezzature nuove ed efficienti. Per il momento ci sono pochi venditori,
ma presto sarà zeppo. C’erano due bancarelle di prodotti da mangiare subito, e uno di
birre, e uno di dolci. Noi abbiamo preso un panino, molto buono. Poi di nuovo
al lavoro.
A fine giornata mi sono fermata nell’orto a raccogliere un po’ di erbe
aromatiche: rosmarino, menta, timo, basilico… le ultime cose rimaste e qualche
pomodoro. A casa ho surgelato tutto per bene e poi mi sono preparata per uscire
con Marcella e altre signore. Dovevamo andare nel South Side, in un locale BYOB
(porta-la-tua-bottiglia) che faceva cucina messicana. Il locale era bello, ma
abbiamo aspettato un’ora per sederci e 45 minuti per mangiare. Ne avevamo le
palle piene. Fortunatamente la compagnia era ottima e ho conosciuto una signora
delle Barbados (ora Americana) che è veramente simpaticissima. Non abita a
Pittsburgh, ma spero di vederla ancora. È una forza della natura, mi fa ridere
tantissimo. Ed è una donna in carriera, molto sicura, forte… che personaggio!
A fine serata Marella mi ha riaccompagnato a casa e mi sono finalmente
coricata sotto il mio bel piumino, per leggere un saggio molto interessante
sull’architettura della trasparenza.
Mi rendo conto che finisco i miei post e le mie avventure in maniera del
tutto sbalestrata, ma che volete farci, è l’America.
Ciao ciao!