sabato 26 ottobre 2013

Volontariamente felice

un po' spaventosa: una fontana tutta rosa per 
ricordare che questo è il mese della lotta al tumore al seno.

Oggi, per cambiare, sto scrivendo dalla lavanderia a gettoni. C'è il wi-fi anche qui quindi non ho problemi di alcun tipo: posso anche fare un giro su Facebook e vedere che aria tira da voi. Mi pare tutto tranquillo, quindi passo a raccontare di me, mentre tremolo a causa di 10 centrifughe che avvengono in contemporanea. 
Sono rimasta indietro di una settimana, e di cose –come sapete- ne faccio molte.
Lo scorso weekend è stato molto significativo per me. Innanzitutto ho fatto la volontaria nel quartiere Hill District, proprio in centro a Pittsburgh. Potrebbe essere il posto più ricco della città data la posizione panoramica e vicina alla Downtown. Lo è a modo suo: è ricchissimo di cose da sistemare. A 5 minuti da Downtown, ha come principale caratteristica il fatto che è molto in alto, in collina, quindi non è facilmente camminabile o biciclettabile. La cosa più brutta è avvenuta neglia nni ‘50/’60 quando I bianchi, con le teorie dell’urban renewal, hanno pensato di distruggere tutto, funicolari comprese, per ricominciare da zero. Non è mai stato più fatto nulla, e il quartiere si presenta ancora spettrale, con una casa abitata, 3 marce, e 15 rase al suolo - in sequenza ripetuta.
Per 30 anni è stato possibile comprare solo “cibo spazzatura”, in quella zona, e quando la cosa più sana che puoi trovare è la Root Beer (che è una sorta di cocacola estratta dalle radici di una pianta. Non è alcoolica ed è un comunissimo soft drink) anche la popolazione si imbruttisce.
Nonostante ciò, le persone (afroamericane) che abitano il quartiere sono orgogliose della loro terra, e molto arrabbiate per come è stata ridotta dai bianchi. In passato la comunità era vibrantissima e un gran centro di musica jazz. Negli ultimi anni I residenti si sono organizzati e ora hanno un bel centro civico e un auditorium con un ottimo palco e acustica perfetta (solo l’illuminazione fa un po’ schifo).
Long story made short: c'era la festa per l'apertura del nuovo supermercato Shop'n'Save. Io facevo volontariato come maschera, nell'auditorium. Mi sono potuta vedere delle performances stupende, con scuole e artisti attivi nel quartiere. C’erano performances di danza, musica, canto, poesia. I personaggi che si sono susseguiti dal palco erano meravigliosi, dai 3 ai 90 anni. Un pomeriggio incredibile passato tra suonatori di bonghi, ballerina, musici di seghe e strumenti afro-alternativi, e raccontastorie un po’ magici.



Il mio contributo è stato abbastanza semplice: coordinavo artisti e pubblico, tra palco e platea. Sistemavo un paio di microfoni, controllavo I tempi… niente di eccezionale e ho avuto in cambio una gran lezione di belle arti e una t-shirt bellissima, per tutti I volontari. 

Loro sono stati molto contenti di me e mi hanno offerto di lavorare per loro. Il lavoro non lo potevo accettare, ma mi sono offerta di fare la volontaria ancora, appena potessi (cioè il weekend dopo).
Arrivata a casa ero molto contenta di me. Il giorno dopo ho iniziato tutto un processo di pensamento e di studio di chi sono, dove vado, che faccio e come lo faccio. Un po’ frustrata dalle cose che non riesco a migliorare, ho avuto un bel pensiero positivo che mi guiderà per sempre: 

se non puoi essere perfetta, puoi sempre essere migliore

Questo sarà il mio motto per l’eternità. Scrivetelo sulla mia tomba, prima della scritta: “torno subito” (mi sembra un pensiero positivo, da avere sulla lapide).
Domenica, dopo i pensieri profondi della prima mattina, ho fatto un’ora di bici in una giornata fredda ma bellissima per raggiungere le persone che parlano Italiano, o ci provano. Per loro ho anche cominciato un piccolo e semplice blog dove scrivo un paio di parole citate durante l’incontro, o di modi di dire che spiego. Poi aggiungo qualche cretinata, scrivendo un po’ in Italiano e un po’ in Inglese. Tanto per fare esercizio io e loro. A questi incontri io mi diverto e loro anche. Win-win, vincono tutti.
Arrivata a casa dopo un’altra ora di bici, ho fatto al volo dei pierogis a modo mio. I pierogis sono dei ravioli Polacchi (comunità immigrata qui con Italiani e Irlandesi) pieni di patate dentro e burro fuori. Io ovviamente ho fatto una cosa molto più semplice, con patate bollite dentro, no burro né olio (ma solo un goccio di salsa di soia) e la pasta del raviolo inventata orrendamente al momento. Era un po’ dura, ma ha fatto i suo dovere. La prossima volta magari leggo come si fa, che ne guadagno soltanto. Con il resto della patata bollita avanzata, ho appallottolato tutto a mano, e poi rotolato nel grana. Se avessi avuto voglia di aspettare ancora (ma erano già le due passate) avrei potuto infornare tutto e mettere nel forno, a dorare. Ma non importa: ho fatto una cosa più semplice e veloce, più che mangiabile.
Per concludere la mia domenica, ho iniziato l’acquerello della zucca che dovrei mettere sulla finestra, per dare un idea di Halloween. Il risultato, dopo diverse serate di lavoro, è questo:


Lunedì ho ricominciato la mia settimana con buoni propositi di risparmio, impegno e miglioramento. A fine giornata invece ho incontrato, facendolo arrivare in studio, un amico di un amico (entrambi Italiani). Mauro è da un mese a Philadelphia per un dottorato. Sta facendo uno studio sul muro nell’architettura moderna, se non ricordo male, e al momento sta andando in giro per la costa Est per visitare degli edifici di Louis Khan. Non è tra i più famosi, fuori dal mondo dell’architettura, ma per noi architetti è davvero un maestro. La tappa a Pittsburgh (2 notti) era dovuta dal fatto che doveva visitare un edificio di Khan a Greensgurgh, a un’ora da qui: la Tribune Review:

Per il pernottamento ha scelto di fare couch-surfing, letteralmente il surf dei divani. In realtà, si tratta di persone comuni che mettono a disposizione un posto letto. Tutto tramite internet. In America è molto comune e l’idea è un po’ quella di dare e ricevere. Si paga per la notte, ma poi si fa anche amicizia e di solito poi ci si scambia il favore visitandosi al contrario. Io ho accompagnato Mauro da Brian, che non conoscevo, nel quartiere di lawrenceville, molto vicino a dove ho vissuto per 4 mesi l’anno scorso. È una zona molto interessante e Brian è simpaticissimo, con una casa molto bela. Mauro si è sistemato per bene e poi siamo andati a prendere una birra e loro anche un hamburgher. Io li ho lasciati un po’ presto, verso il resto della settimana.
Martedì, forse a causa del freddo potente, ero un po’ giù di morale. Inoltre ho anche ingaggiato una lotta furiosa con il letto, cercando di mettere le mie lenzuola vecchie nel letto nuovo. Io non capisco la taglia del letto: il king che ho comprato è troppo grande, mentre il queen che avevo è troppo piccolo. Ma che razza di taglia è? Un king magro o una queen obesa?!
Gran parte del mio malumore è stato dato anche dal dover dire ancora di no, all’ultimo, a quel vicino Italiano che continua a chiedermi di andare al suo gruppo di Italiano. A me dispiace veramente, ma il martedì non può pretendere che io sia a casa alle 6.30. Non avviene! C’è da preparare un sacco di cose per la settimana, quindi è inutile insistere. Per due volte ho provato a dire sì, ma poi ho dovuto cancellare tutto. E sinceramente mi sono molto indisposta per il proseguire delle comunicazioni, che rasentavano il ridicolo. La verità è che sono già impegnata su troppi fronti, quindi non me ne frega niente: decido io cosa fare e quando, e non devo sentirmi in colpa se a volte dico di no.
Mercoledì è stata una giornata più positiva, con un bel meeting col cliente e il mio capo che era contento del lavoro presentato. Avevo la carica giusta per poter proseguire la giornata e concluderla con una banjo-night tutta speciale. Un posto dietro casa ospita virtuosi del banjo, ogni mercoledì. Siccome tutti mi chiedevano se ci ero stata (è dietro casa) allora ho invitato i miei amici architetti a fare la serata banjo, per davvero. Dentro era veramente buffo: pieno di gente, e questi suonatori vecchissimi che ci davano dentro. Professionale, ma ridicolo (o viceversa). Una serata molto divertente di sicuro, dove mi sono potuta svagare un attimo.



Giovedì sera c’era il grande Gala degli architetti, con i premi assegnati per i migliori progetti. L’anno scorso avevo partecipato con il mio ponte musicale, e avevo vinto. Quest’anno non ho voluto, tra un visto e l’altro, quindi sono stata solo spettatrice. Dopo le premiazioni ci siamo spostati tutti al piano di sopra, dove c’era cibo molto buono e tantissime persone. Ho conosciuto qualcuno di nuovo, ma alla fine della serata eravamo tutti noi amici di sempre. È bello potersi togliere il badge (il cartellino) col nome e andare in giro intrufolandosi nelle conversazioni altrui. Tanto ci si conosce tutti.

Io ero spumeggiante e ho proprio dato il meglio di me. Sono soddisfatta. Il nostro studio ha vinto anche un premio per un progetto che è stato fatto ad Haiti. Molto bello, sono proprio felice che abbia vinto. Si chiama Hince- Center fo Hope. Centro della speranza, è una scuola per Haiti. Nel 2011 due del nostro studio sono stati là, per una settimana, e hanno pensato il progetto, ascoltando gli abitanti del luogo. Una volta tornati negli States, hanno disegnato tutto e poi è stata la comunità locale che ha effettivamente costruito tutto. A noi mandavano tutte le foto con gli aggiornamenti, ogni tot mesi. Vedere il progetto premiato è stato molto bello. Inoltre, questi erano i premi di Pittsburgh, ma quello stesso progetto ha vinto anche il premio a livello statale, per la Pennsylvania. Premiato due volte!


Venerdì in studio eravamo tutti molto rilassati, bisogna dire. Io ho lavorato su di un progetto interno, di public relations. Vi dirò poi, tra qualche settimana, di cosa si tratta. A pranzo sono andata finalmente  nel nuovo Public Market con la mia amica Michelle, per pranzare assieme. La giornata era stupenda e il posto molto carino. È un gran capannone, appena rinnovato, dove i venditori di prodotti locali possono vendere tutto al loro stand. Il vecchio posto era un po’ più verso Downtown, Sempre nello Strip District, ma era freddo e decadente. Questa nuova location è molto più conveniente per noi dello studio, e poi finalmente hanno attrezzature nuove ed efficienti. Per il momento ci sono pochi venditori, ma presto sarà zeppo. C’erano due bancarelle di prodotti da mangiare subito, e uno di birre, e uno di dolci. Noi abbiamo preso un panino, molto buono. Poi di nuovo al lavoro.

A fine giornata mi sono fermata nell’orto a raccogliere un po’ di erbe aromatiche: rosmarino, menta, timo, basilico… le ultime cose rimaste e qualche pomodoro. A casa ho surgelato tutto per bene e poi mi sono preparata per uscire con Marcella e altre signore. Dovevamo andare nel South Side, in un locale BYOB (porta-la-tua-bottiglia) che faceva cucina messicana. Il locale era bello, ma abbiamo aspettato un’ora per sederci e 45 minuti per mangiare. Ne avevamo le palle piene. Fortunatamente la compagnia era ottima e ho conosciuto una signora delle Barbados (ora Americana) che è veramente simpaticissima. Non abita a Pittsburgh, ma spero di vederla ancora. È una forza della natura, mi fa ridere tantissimo. Ed è una donna in carriera, molto sicura, forte… che personaggio!
A fine serata Marella mi ha riaccompagnato a casa e mi sono finalmente coricata sotto il mio bel piumino, per leggere un saggio molto interessante sull’architettura della trasparenza.
Mi rendo conto che finisco i miei post e le mie avventure in maniera del tutto sbalestrata, ma che volete farci, è l’America.


Ciao ciao!

venerdì 18 ottobre 2013

Quasi quasi non dormivo.

Vi chiederete: come mai la Bea è a casa di venerdì sera?!? Ve lo spiego: posto che il weekend resta il weekend, qui a Pittsburgh il martedì è il nuovo mercoledì, e mercoledì il nuovo giovedì. Mettiamola alla Milanese: il Milanese imbruttito (per citare il sito che raccoglie il meglio del peggio della Grande Poma) il mercoledì va in Colonne. Giovedì si fa sicuramente un aperitivo, possibilmente in zona Brera. Venerdì sera, se proprio è un ciuccellone, fa solo serata pizza. Sabato una discotechina e domenica riposo, dai cinesi di Corso Garibaldi, con un prosecchino per sciacquarsi la bocca. 
Qui a Pittsburgh il martedì c’è sicuramente qualcosa di culturale, o comunque si va fuori per darsi la carica. Mercoledì è un’ottima serata per fare cena a casa di amici. Giovedì si fa la cagnara “importante”, quella un po’ più di lusso, perché poi venerdì tutti sono in giro a fare casino. Tenendo conto che i giocatori di baseball non hanno nulla da fare se non giocare ogni giorno, o quasi, i bar sono sempre pieni di gente che beve e guarda la TV, o beve per non guardare la TV – se i Bucs perdono (e purtroppo hanno perso anche quest’anno).
La mia settimana si trasforma quindi in un mischione di “Milanese imbruttito” e “Pittsburgher Fuori controllo”. Mentre provo a trovare la mia routine giornaliera tra casa e lavoro, cerco ispirazione nel calendario eventi della Steel City. Persino quando decido di stare a casa, alla fine mi capitano occasioni sempre carine, per andare fuori. 
Martedì Marcella mi ha proposto al volo un sushi, in un posto carino e troppo comodo per dire di no. Detto fatto: ottima serata di sushi e spettegolezzi.
Mercoledì sera, già programmata da tempo, c’è stata una cena “turca” a casa di un’amica, nella zona dove abitavo prima. Ha cucinato per un bel po’ di persone, tra spaghetti e ravioli di carne. Tutto molto buono. Io ho portato dei fichi secchi. Per il fine serata, ha fatto un dolce di riso che abbiamo mangiato di fronte alla proiezione (con spiega) delle foto del suo recente viaggio in Turchia. Meravigliose foto e luoghi da fiaba.
la mia iconcina preferita: il maestro delle tartarughe (da Istambul)

Mentre andavo da lei, col bus (perché piovigginava) ma con la bici al seguito, ho deciso che mi sarei fermata al volo a casa del cugino, che per 2 notti soltanto ospitava la mia amica Professoressa Mindy. Non potevo e non volevo rischiare di non riuscire a salutarla del tutto. Era qui per una conferenza e aveva proprio i giorni contati, non potevamo incontrarci altrimenti. Dopo cena, quindi, ho biciclettato fino a casa vecchia e mi sono fermata con loro per un’oretta. Ero contentissima di essere lì con loro e abbiamo fatto mille risate. Che felicità… Mindy mi mancava tantissimo: è una persona cara e intelligentissima, sono fortunata ad avere amici come lei. Mentre tornavo a casa, in bici, ha iniziato a piovere, ma non me ne curavo. Ero troppo felice e basta. A letto, quasi quasi non riuscivo a dormire, tanto ero entusiasta.
il logo che le ho disegnato, è diventato spilletta. Questa è la mia!!!

Giovedì invece, tenendo conto che sono arrivata a casa presto (cioè dopo 8 ore di lavoro e basta) mi sono preparata con calma alla serata Pechakucha, quella delle presentazioni con slides. Stavolta non presentavo (sarebbe stata la quarta volta di fila).  Siccome avevo tempo, ho fatto degli gnocchi alla romana e cucinato del cous cous, per la schiscetta. Inutile dire che ho surgelato 5/6 di quello che ho cucinato, visto che sono sempre in giro, ma almeno ho fatto quello che volevo, come lo volevo fare da tempo. La prossima cosa che vorrei fare sarebbe la frittata di patate e (un’altra volta) un arrosto di carne di manzo. Dettagli…
Alla serata Pechakucha, in Downtown, ci sarebbero stati altri amici architetti e designers. Alcuni non li vedevo da tempo (da prima della pausa Italiana) e quando sono arrivata lì è stato un successone.
Tra l’altro, ho preso una decisione di quelle che faranno discutere i miei amici e i miei familiari. Ho deciso che d’ora in poi mi vesto di nero. Giovedì ero vestita di nero, come un corvo, con una punta di grigio negli scaldamuscoli. Ero elegantissima. Allora ho deciso: d’ora in poi mi vesto di nero, perché il nero è “il nuovo nero”, ho deciso. Basta con il monopolio delle case di moda che dettano colori e nuances per ogni stagione. Il nero è stupendo, non si macchia e mi sta bene. D’ora in poi andrò vestita come se fossi una bottiglia di rabarbaro Zucca: tutto nerissimo.
La serata è andata per le lunghissime, e io avevo già un po’ di notti “insonni”. Anche ieri sera ero troppo felice per addormentarmi subito.

Stasera, venerdì appunto, mi devo preparare per un weekend bello denso – pure questo. Non vi anticipo nulla, se non che farò volontariato. Ero troppo stanca per pensare troppo ad altre cose, quindi sono solo andata al mercato “rionale” a prendere due verdure -che poi ho cucinato- pulito casa (domani non ho tempo) e ora sono qui che scrivo a voi.
Questo pomeriggio in studio sono andata a fare un rilievo in un edificio abbandonato. Era una scuola fino agli anni ottanta e posso assicurarvi che poche volte mi è capitato di avere paura come oggi. Non ero da sola, ma per la prima volta in vita mia mi sono trovata in situazioni dove mi dicevo: io qui non entro. No elettricità, puzza di marcio, pezzi che cadevano da tutte le parti, presenza di amianto accertata. E io li col caschetto in testa, torcia scarica in mano, e una paura maledetta. Pensavo che ci fossero fantasmi o cose. Ma non ho visto nulla. Solo qualche buco di proiettile sulle finestre e sui muri, visto che qui si esercitano così. I proiettili bucano il vetro come se fosse un tessuto: non si rompe, se entra bene. Poi schizza sul muro e fa un buchettino anche lì. Come nei film.

Oggi vi lascio con queste divagazioni balistiche, che fanno il paio con la sparatoria che c’è stata qui vicino, ieri notte. Io non ho sentito nulla. Dev’essere stato un regolamenti di conti.
Vi racconto queste cose perché in realtà le racconto a me. Pittsburgh è bella, ma a tratti tremenda. Family-friendly, ma spietata - se ti metti in situazioni brutte. È brutto ammetterlo, ma di solito i bianchi se la cavano meglio. Ci sono ancora troppe differenze e penalizzazioni tra colori di pelle.

In America c’è proprio la malavita dei fumetti: non mi stupisco che i supereroi li hanno inventati qui. L’unico fumetto che abbiamo inventato noi (il più famoso) è Diabolik, un ladro. Poi vabbè, Cattivik (ladro) e Lubo Alberto (un cialtrone). Dylan Dog è comunque un bello e dannato. Max Pezzali ha pure ucciso l’Uomo Ragno: chi ci salverà?


domenica 13 ottobre 2013

Mettetevelo nella zucca



Ci risiamo anche quest’anno: Halloween non è nemmeno alle porte, e la città già si colora di arancio. Devo assolutamente trovare qualcosa da mettere fuori dalle finestre, per dare l’idea di “Halloween”. Un disegno di zucca andrà benissimo, ma devo farlo/comprarlo. Il giorno ufficiale quest’anno sarà giovedì 31 ottobre. Il sindaco ha ordinato che, per i bambini, il trick-or-treat (in inglese: scherzetto o dolcetto, al contrario rispetto che a noi) avverrà tra le 5:30 e le 7:30. Io non ho idea di cosa farò quel pomeriggio/sera, ma se andrà come suppongo, potrei essere già in giro per locali a festeggiare il MIO di Halloween. Però… mi piacerebbe vederli “in faccia” i bambini che chiedono caramelle. Chissà come saranno travestiti!
Senza divagare oltre, ieri sono andata ad un festival della zucca, tutto dedicato ai bambini, con tante attività per farli giocare assieme e per imparare un po’ di cose. Tra i giochi: ficca la mano nella paglia e scopri cosa trovi. Tra le cose da imparare: come funziona un’ambulanza (con tanto di fantoccio che assomiglia a Berlusconi). Tra le cose da toccare: caprette e pecorone (what?!?!). Tra le cose da venerare, celebrare e decorare: un prato pieno di zucche. Io ero abbastanza entusiasta, devo ammettere, perché era un casino di colori e bambini. La cosa più bella era vedere questo gran mischione di colori, etnie,  “classi sociali”… I bambini ci insegnano come stare assieme, anche se noi non vogliamo proprio imparare. Ma se tanto mi da tanto, io spero che in una quindicina d’anni questi bambini –ormai adulti- facciano di questo mondo un posto migliore. Cioè, dipenderà da come glielo lasciamo, questo mondo. Ma proseguiamo.
Venerdì sera avevo partecipato ad un party molto fighetto, a casa di un amico architetto. C’erano tante persone e lui ha una casa che sembra uscita da una rivista di architettura. Da bravo “architetto bravo” ha fatto una casa che è un capolavoro di spazi e finiture, con pezzi di design molto appropriati. Posso dirvi che –fino ad ora- questa è la casa più Milanese che ho visto, in America dal vivo. È proprio elegante, bilanciata, nè troppo, nè troppo poco: tutto è appropriato. Non ho foto dell’evento, perché sono stufa della macchina fotografica. Però farò come nelle antiche Gazzette di fine ottocento, dove i giornalisti invitati raccontavano per filo e per segno cosa è successo, chi ha partecipato, come era vestito, cosa ha bevuto e poi in che stato se ne è andato.
Io sono arrivata lì con altri due amici carissimi, che mi hanno dato uno strappo in macchina (andata e ritorno). La festa era cominciata da un’oretta e il padrone di casa era già impegnato con ospiti. La casa era piena zeppa e mentre noi entravamo, ci siamo imbattuti in qualcuno che usciva, cercando disperatamente le sue scarpe (il mio amico le fa togliere a tutti, per visitare la sua casa). In una festa con una 50ina di persone, si parla di 100 scarpe circa. Per trovare le tue, il segreto è andare via per ultimo.
Saliti al piano “nobile”, il party si è offerto a noi nel pieno della sua varietà. C’erano persone di tutti i tipi, professioni, gusti e vestiti. Qualcuno era super classy (io e altri amici) altri erano molto easy (tanti) e qualcun altro non ha rinunciato al vestito un po’ da lavoro. Di solito si tratta di artisti, architetti, gente nel mondo della musica, che sono sempre vestiti di nero, con qualche dettaglio riconoscibile. La loro divisa la indossano in tutte le occasioni, sempre uguale nonostante la stagione cambi.
Su due tavoli c’era un po’ di cibo tipo salsine, creme, prosciutti italiani e formaggi eccellenti. Fuori, sul patio, la zona bevande, con un ottimo mojito che mi ha permesso di dare il meglio di me. Ho parlato con un amico giornalista, con dei designer, con un art director, con altri architetti, con una donna parroco, con un collega di lavoro, con un gatto obeso, con la direttrice di un’università e con un signore un po’ sbronzo che non ho capito cosa facesse, ma suppongo giardini o simili.
Adoro la casa del mio amico: ci sono delle sedie stupende, tutte di design scandinavo, e questa volta c’era anche una sedia di sua invenzione, in vetro, con un sistema che la riscalda elettricamente. Per tutta la sera è stata a disposizione degli ospiti. Io l’ho provata e mi è piaciuta. Il design può essere migliorato, ma l’idea del vetro caldo è interessante.
Un pezzo forte del salotto è una statua appesa al soffitto, molto concettuale, fatta da archi di metallo che si incrociano nello spazio. Buona parte della serata è stata spesa da me e altri amici a commentare tutti i possibili usi pratici per una statua del genere, che occupa una stanza. Io ho proposto appendino per i vestiti bagnati, oppure porta attrezzi da cucina. Ma l’uso che ha scatenato l’ilarità generale è stato anche “ballo del limbo”. Ci sono archi che arrivano ad altezze diverse, quindi a seconda del livello, uno potrebbe benissimo fare delle gran sfide di limbo.
Mi sono divertita molto, anche se al momento di uscire di casa -prima del party- avevo ben poca energia avanzata dalla settimana poderosa che ho passato. Mi ha fatto ridere il fatto che, alla festa, alcune persone non conoscessero benissimo il padrone di casa, e che la maggior parte fosse decisamente brilla, già molto presto. Il party è stato un successone, tutti sono stati contenti.


Zucche e party a parte, sono andata a fare un giro della mia zona, mentre aspettavo il bucato. È molto diversa dalla precedente, nonché molto dversa da Lawrenceville, dove ho vissuto per 4 mesi. Insomma, vedetela voi. Questo è solo una piccola parte, per lo più nelle vie secondarie. Farò anche altre foto, prossimamente. 



Sabato sono finalmente riuscita a vedere un hotel di lusso ricavato da un ex convento benedettino. Si chiama The Priory. È dietro casa mia, in pratica. Alla concierge c’è Henry, un signore molto distinto, Italo-Americano ma per davvero, che sa l’Italiano, proveniente da Bolzano. L’hotel è molto bello e hanno anche una chiesa (vedi foto) ora adibita a salone di banchetti, per matrimoni etc. Molto carino, se mai dovessi invitare qualcuno, lo sbatto in convento, ahaha!
 Sopra e sotto: due foto dal sito ufficiale dell'hotel. 
Posticino, neh?!

Domenica sono stata in giro dalle 8.30 alle 3 del pomeriggio, senza stop, in bici, per fare diverse cose. Sono andata di nuovo al gruppo di conversazione in Italiano, dove devo ammettere che ci sono persone adorabili. È davvero bello stare li. Per due ore si è chiacchierato in italiano e in inglese, a sprazzi, del più e del meno. Ho deciso che voglio mettermi in gioco, e dare una mano a creare piccoli eventi per il gruppo. Sono belle persone, e sono sicura che mi farà bene variare un po’ le mie conoscenze.

Sono andata anche a ritirare il piatto del gufo, finalmente cotto, e poi a comprare una giacca un po’ più pesante. Mi sto preparando all’inverno, anche se non è ancora il momento. Mi piace essere pronta, e infatti ho anche lavato già tutte le sciarpe, per la prossima stagione.

Concludo il post parlando del caffè pomeridiano che mi ha dato la forza psicologica di inizarlo, questo post. Non avevo voglia di moka e quindi sono uscita per cercare un caffè americano. Sono andata in un posto che pensavo fosse aperto (il gestore era dentro) ma poi ho scoperto essere chiuso. Il gestore, siccome avevo già chiesto il caffè, mi ha offerto una tazza (gratis!) della brocca che aveva appena fatto per lui. Senza parole! Troppo gentili qui a Pittsburgh.