mercoledì 2 ottobre 2013

Radical Days

sunset sull'Allegheny: verso PNC park - stadio di baseball

Certo che vivere a Pittsburgh, per me, è davvero entusiasmante. Il numero di cose che faccio e la loro qualità mi rendono difficile tenere traccia di tutto. Ho deciso che terrò una sorta di “lista della spesa” giornaliera, e poi farò il post col meglio del meglio.
Il problema è che ci sono anche tantissimi eventi culturali a cui partecipo, che meriterebbero delle recensioni lunghissime solo quelli. Figuratevi che a volte partecipo a più cose in un solo giorno, perché qui sembra tutto così irrinunciabile che scegliere risulta impossibile.
I giorni radicali del titolo, per esempio, si riferiscono innanzitutto a una serie di aperture straordinarie in alcuni musei, che per una domenica sono gratis. Parto con questo perché in ordine cronologica è la prima cosa che ho fatto, domenica. Sono finalmente andata, per la prima volta (e gratis) al Museo dei Bambini, dedicato all’apprendere tutto il possibile in maniera tutta Americana: ossia clamorosa. Vi dico solo che per far capire ai bambini cos’è la gravità terrestre, hanno creato una stanza arredata inclinata di 25 gradi, che ti disorienta completamente. Io stavo per vomitare: era impossibile starci per più di due minuti. Non so che stomaco (e che cervelletto) avesse la ragazza che controllava i bambini nella stanza. Io ne ho travolti 4 in un solo passo, cadendogli sopra. Perché la gravità dipende tanto anche dalla nostra vista e da come percepiamo le cose. Io stavo per morire…
Per cambiare aria e tema mi sono diretta al Museo di Andy Warhol (anche lui gratis) che è il mio preferito.  Qui i bambini è meglio lasciarli fuori, dato che il 60% delle cose esposte sono sconce o sconvolgenti. Però, se vuoi fargli capire cosa sia un trangender o un fricchettone o una baldracca (voglio usare un termine un po’ desueto) allora quello è il posto giusto.
Tornata a casa, dopo essermi ripresa soprattutto dal Museo dei bambini, ho trovato un regalo appeso sulla porta. Il mio vicino Vince (Italiano anche lui come tanti altri – ne ho già parlato del tema “sono Italiano anche io”) mi ha mandato un biglietto di benvenuta (<<Per Signora Beatrice>> cit.) più un pacco di pasta agli spinaci e del basilico fresco, nonché del basilico in semi - comprati in Italia, ha scritto sul biglietto. Di Vince ne parlerò ancora in futuro.
Parliamo invece del pomeriggio di domenica, dove sono andata all’IKEA perché non resistevo più senza pentole. Ho preso il bus e ad un certo punto tutti si sono attaccati al finestrino, a fare foto. Indovinate perché? La risposta è gialla, grossa e gonfiabile: la papera!!!


All’IKEA mi sono dedicata alla spesa con una precisa lista divisa per ambienti, che comunque mi è costata ben $200, ma almeno sono a posto. Ora mi manca solo il tavolo e il Billy, la libreria, ma per quelle cose aspetto Marcella, domenica prossima, che mi dà uno strappo in macchina.
Tornata a casa, carica come una bestia, mi sono dedicata alla sistemazione di tutto e poi mi sono vista “A piedi nudi nel parco” su Netflix. Un film con Jane Fonda. Ho attivato il mese di prova di Netflix, per capire se mi piace, ma in realtà i film che voglio vedere non ci sono tutti. Mi consolo guardando tutte le serie della Fletcher, in lingua originale, che sono quasi meglio di quelle doppiate in Italiano.

Lunedì, è stato un giorno un po’ particolare perché sono andata in studio per la conferenza di inizio settimana. Facevano il punto della situazione di alcuni progetti dove ho lavorato in passato, ed è stato bello vedere lo stato di fatto. Ero molto tesa ed emozionata, perché comunque mi sento un po’ sotto pressione. Insomma: non gioco in casa e le regole le sto imparando. Ogni giorno è un’avventura.
Nel pomeriggio, rigorosamente passato a casa, ho aiutato la mia amica Mindy a rinfrescare il logo di un progetto al quale lavora. Si chiama C.L.I.M.B. (“arrampicare”) e tra i vari progetti organizzano degli hiking (gite) a New York, per sensibilizzare dei ragazzini. Ecco il logo che ho “digitalizzato”:

Alla sera sono andata a casa della mia amica Alex e del suo fidanzato Keith. Due carissimi amici che lasceranno Pittsburgh per 9 mesi. Dovendo sbarazzarsi di un sacco di cose (che non possono portare con loro) hanno invitato amici per donare un po’ di roba. Io ho preso qualche tazza, delle posate, una bella padella e poi sono stata convinta a prendermi un tavolino da salotto (che mi serviva), una tavola da disegno (lasciamo stare, buffissimo!), un tavolino IKEA di quelli per mangiare davanti alla TV (che forse in Italia non vendono, ma è un ottimo piano d’appoggio) e un vassoio di legno per la colazione a letto (inutile se non hai chi te la prepara e porta). Le cose piccole le ho portate in bicicletta nello zaino. Il resto me lo avrebbero portato loro il giorno dopo, direttamente a casa. In America si fa così: si compra, nuovo o usato, si parte, si regalano cose, si scambiano… trovo che questa vita degli oggetti sia affascinante. Magari anche in Italia si fa così, ma io non lo avevo mai sperimentato. I tavolini li dipingerò di bianco, per essere in tema col mio salotto che ha molte cose bianche.

Martedì è stato il primo giorno di lavoro. Tosto, duro, strano… era come se non fossi mai andata via, ma tante cose non le ricordavo. Per fortuna emergevano da sole, al momento buono. Però è stato molto strano. Per la stanchezza non riuscivo nemmeno a parlare fluentemente inglese. Devo essere sembrata un’idiota, ma non importa. Tornata a casa, abbastanza sconvolta, ho comunque voluto andare in Downtown velocemente per partecipare ad un aperitivo organizzato dall’AIGA di Pittsburgh, ossia l’associazione di Designers. Greg e Doris sono i miei amici coinvolti nell’associazione e avevo proprio voglia di incontrarli (anche se ci eravamo appena visti sabato scorso). Quella serata, piena di altri amici designers, sì è rivelata un’ottima soluzione per riassettare la mente. Inoltre, era possibile fare un disegno con la scritta “Pittsburgh”. Due settimane fa hanno organizzato un workshop con un maestro della tipografia (io purtroppo ero ancora in Italia) e quella serata era per esporre i proprio lavori, oppure per farne di nuovi al momento. Io ho fatto il mio, mentre chiacchieravo con gli altri. Tra birra e chiacchiere non è venuto un granchè, ma è stato buffo. Eccolo appeso tra quelli più seriosi:


Oggi, mercoledì, in studio è stata una giornata di quelle intense dal primo all’ultimo minuto. C’era una cosa da fare in fretta e bene e subitissimo. La consegna è stata persino anticipata a fine giornata e ho letteralmente dovuto spingere al massimo. Alla fine ce l’ho fatta e tra i commenti al mio lavoro ho anche ricevuto un << It’s BEA-utiful >> dal capo. Ero felice e spaventata allo stesso tempo. Devo aver avuto un po’ la faccia della lepre, di notte, che guarda i fari della macchina che arriva in velocità. Però a fine giornata ero contenta.
Fine giornata… lavorativa, ovviamente, perché oggi avevo un’ultima cosa da fare: andare a teatro a vedere uno spettacolo strano, di danza, musica, teatro, video e arte – tutto assieme.
Lo spettacolo si chiamava “Kiss and cry” e la trama diceva solo che era il racconto di storie d’amore di una signora anziana. Mi aveva incuriosito il video di presentazione:
questo video è in francese, ma lo spettacolo era in inglese.
tutto quello che vedete viene fatto, in piccolo, di fronte a noi, 
ripreso da telecamere che zoomano e sfacono i soggetti.

Tutto viene proiettato dal vivo, su uno schermo da cinema, ma una troupe di artisti fa accadere tutto sul palco, davanti agli spettatori. L’uso massiccio di telecamere e telecamerine montate sui modellini fa vivere tutto in grande. Si è immersi in questo micro mondo di modellini dove personaggini finti, trenini e mani (vere) che danzano. Una voce esterna racconta i 5 amori di questa donna, e l’effetto finale è davvero magico. Questi artisti sono dei draghi del video making ed editing: tutto avviene in diretta, ma pare montato perfettamente in studio, con calma, altrove. Invece no: è tutto davanti ai tuoi occhi. Alla fine c’è stata una standing ovation e posso assicurare che non ho mai visto uno spettacolo più magico di questo.

Insomma: capite perché questi sono radical days? Bravi, perché io sinceramente non capisco più cosa sia routine e cosa sia eccezionale. Ogni momento delle mie giornate qui è eccezionale – radicale. Ogni giorno cambio radicalmente. E mi pare, anche di mettere radici sempre più profonde, qui.


Come canta Jovanotti: è questa la vita che sognavo da bambino.

vista del PNC park, l'1 ottobre, quando i Pirates hanno vinto una partita molto importante.

1 commento:

  1. Ciao Bea, sono Rachele! Anche io sono negli Stati Uniti! Precisamente a Miami! <3 La adoro! Sai ho iniziato a scrivere un blog anche io dove racconto tutto quello che mi succede di buffo! Mi hai ispirata tu, ti leggo sempre! Un bacio!!!

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