venerdì 18 ottobre 2013

Quasi quasi non dormivo.

Vi chiederete: come mai la Bea è a casa di venerdì sera?!? Ve lo spiego: posto che il weekend resta il weekend, qui a Pittsburgh il martedì è il nuovo mercoledì, e mercoledì il nuovo giovedì. Mettiamola alla Milanese: il Milanese imbruttito (per citare il sito che raccoglie il meglio del peggio della Grande Poma) il mercoledì va in Colonne. Giovedì si fa sicuramente un aperitivo, possibilmente in zona Brera. Venerdì sera, se proprio è un ciuccellone, fa solo serata pizza. Sabato una discotechina e domenica riposo, dai cinesi di Corso Garibaldi, con un prosecchino per sciacquarsi la bocca. 
Qui a Pittsburgh il martedì c’è sicuramente qualcosa di culturale, o comunque si va fuori per darsi la carica. Mercoledì è un’ottima serata per fare cena a casa di amici. Giovedì si fa la cagnara “importante”, quella un po’ più di lusso, perché poi venerdì tutti sono in giro a fare casino. Tenendo conto che i giocatori di baseball non hanno nulla da fare se non giocare ogni giorno, o quasi, i bar sono sempre pieni di gente che beve e guarda la TV, o beve per non guardare la TV – se i Bucs perdono (e purtroppo hanno perso anche quest’anno).
La mia settimana si trasforma quindi in un mischione di “Milanese imbruttito” e “Pittsburgher Fuori controllo”. Mentre provo a trovare la mia routine giornaliera tra casa e lavoro, cerco ispirazione nel calendario eventi della Steel City. Persino quando decido di stare a casa, alla fine mi capitano occasioni sempre carine, per andare fuori. 
Martedì Marcella mi ha proposto al volo un sushi, in un posto carino e troppo comodo per dire di no. Detto fatto: ottima serata di sushi e spettegolezzi.
Mercoledì sera, già programmata da tempo, c’è stata una cena “turca” a casa di un’amica, nella zona dove abitavo prima. Ha cucinato per un bel po’ di persone, tra spaghetti e ravioli di carne. Tutto molto buono. Io ho portato dei fichi secchi. Per il fine serata, ha fatto un dolce di riso che abbiamo mangiato di fronte alla proiezione (con spiega) delle foto del suo recente viaggio in Turchia. Meravigliose foto e luoghi da fiaba.
la mia iconcina preferita: il maestro delle tartarughe (da Istambul)

Mentre andavo da lei, col bus (perché piovigginava) ma con la bici al seguito, ho deciso che mi sarei fermata al volo a casa del cugino, che per 2 notti soltanto ospitava la mia amica Professoressa Mindy. Non potevo e non volevo rischiare di non riuscire a salutarla del tutto. Era qui per una conferenza e aveva proprio i giorni contati, non potevamo incontrarci altrimenti. Dopo cena, quindi, ho biciclettato fino a casa vecchia e mi sono fermata con loro per un’oretta. Ero contentissima di essere lì con loro e abbiamo fatto mille risate. Che felicità… Mindy mi mancava tantissimo: è una persona cara e intelligentissima, sono fortunata ad avere amici come lei. Mentre tornavo a casa, in bici, ha iniziato a piovere, ma non me ne curavo. Ero troppo felice e basta. A letto, quasi quasi non riuscivo a dormire, tanto ero entusiasta.
il logo che le ho disegnato, è diventato spilletta. Questa è la mia!!!

Giovedì invece, tenendo conto che sono arrivata a casa presto (cioè dopo 8 ore di lavoro e basta) mi sono preparata con calma alla serata Pechakucha, quella delle presentazioni con slides. Stavolta non presentavo (sarebbe stata la quarta volta di fila).  Siccome avevo tempo, ho fatto degli gnocchi alla romana e cucinato del cous cous, per la schiscetta. Inutile dire che ho surgelato 5/6 di quello che ho cucinato, visto che sono sempre in giro, ma almeno ho fatto quello che volevo, come lo volevo fare da tempo. La prossima cosa che vorrei fare sarebbe la frittata di patate e (un’altra volta) un arrosto di carne di manzo. Dettagli…
Alla serata Pechakucha, in Downtown, ci sarebbero stati altri amici architetti e designers. Alcuni non li vedevo da tempo (da prima della pausa Italiana) e quando sono arrivata lì è stato un successone.
Tra l’altro, ho preso una decisione di quelle che faranno discutere i miei amici e i miei familiari. Ho deciso che d’ora in poi mi vesto di nero. Giovedì ero vestita di nero, come un corvo, con una punta di grigio negli scaldamuscoli. Ero elegantissima. Allora ho deciso: d’ora in poi mi vesto di nero, perché il nero è “il nuovo nero”, ho deciso. Basta con il monopolio delle case di moda che dettano colori e nuances per ogni stagione. Il nero è stupendo, non si macchia e mi sta bene. D’ora in poi andrò vestita come se fossi una bottiglia di rabarbaro Zucca: tutto nerissimo.
La serata è andata per le lunghissime, e io avevo già un po’ di notti “insonni”. Anche ieri sera ero troppo felice per addormentarmi subito.

Stasera, venerdì appunto, mi devo preparare per un weekend bello denso – pure questo. Non vi anticipo nulla, se non che farò volontariato. Ero troppo stanca per pensare troppo ad altre cose, quindi sono solo andata al mercato “rionale” a prendere due verdure -che poi ho cucinato- pulito casa (domani non ho tempo) e ora sono qui che scrivo a voi.
Questo pomeriggio in studio sono andata a fare un rilievo in un edificio abbandonato. Era una scuola fino agli anni ottanta e posso assicurarvi che poche volte mi è capitato di avere paura come oggi. Non ero da sola, ma per la prima volta in vita mia mi sono trovata in situazioni dove mi dicevo: io qui non entro. No elettricità, puzza di marcio, pezzi che cadevano da tutte le parti, presenza di amianto accertata. E io li col caschetto in testa, torcia scarica in mano, e una paura maledetta. Pensavo che ci fossero fantasmi o cose. Ma non ho visto nulla. Solo qualche buco di proiettile sulle finestre e sui muri, visto che qui si esercitano così. I proiettili bucano il vetro come se fosse un tessuto: non si rompe, se entra bene. Poi schizza sul muro e fa un buchettino anche lì. Come nei film.

Oggi vi lascio con queste divagazioni balistiche, che fanno il paio con la sparatoria che c’è stata qui vicino, ieri notte. Io non ho sentito nulla. Dev’essere stato un regolamenti di conti.
Vi racconto queste cose perché in realtà le racconto a me. Pittsburgh è bella, ma a tratti tremenda. Family-friendly, ma spietata - se ti metti in situazioni brutte. È brutto ammetterlo, ma di solito i bianchi se la cavano meglio. Ci sono ancora troppe differenze e penalizzazioni tra colori di pelle.

In America c’è proprio la malavita dei fumetti: non mi stupisco che i supereroi li hanno inventati qui. L’unico fumetto che abbiamo inventato noi (il più famoso) è Diabolik, un ladro. Poi vabbè, Cattivik (ladro) e Lubo Alberto (un cialtrone). Dylan Dog è comunque un bello e dannato. Max Pezzali ha pure ucciso l’Uomo Ragno: chi ci salverà?


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