Ci risiamo anche quest’anno: Halloween non è nemmeno alle porte, e la
città già si colora di arancio. Devo assolutamente trovare qualcosa da mettere
fuori dalle finestre, per dare l’idea di “Halloween”. Un disegno di zucca andrà
benissimo, ma devo farlo/comprarlo. Il giorno ufficiale quest’anno sarà giovedì
31 ottobre. Il sindaco ha ordinato che, per i bambini, il trick-or-treat (in
inglese: scherzetto o dolcetto, al contrario rispetto che a noi) avverrà tra le
5:30 e le 7:30. Io non ho idea di cosa farò quel pomeriggio/sera, ma se andrà
come suppongo, potrei essere già in giro per locali a festeggiare il MIO di
Halloween. Però… mi piacerebbe vederli “in faccia” i bambini che chiedono
caramelle. Chissà come saranno travestiti!
Senza divagare oltre, ieri sono andata ad un festival della zucca,
tutto dedicato ai bambini, con tante attività per farli giocare assieme e per
imparare un po’ di cose. Tra i giochi: ficca la mano nella paglia e scopri cosa
trovi. Tra le cose da imparare: come funziona un’ambulanza (con tanto di
fantoccio che assomiglia a Berlusconi). Tra le cose da toccare: caprette e
pecorone (what?!?!). Tra le cose da venerare, celebrare e decorare: un prato
pieno di zucche. Io ero abbastanza entusiasta, devo ammettere, perché era un
casino di colori e bambini. La cosa più bella era vedere questo gran mischione
di colori, etnie, “classi sociali”… I
bambini ci insegnano come stare assieme, anche se noi non vogliamo proprio
imparare. Ma se tanto mi da tanto, io spero che in una quindicina d’anni questi
bambini –ormai adulti- facciano di questo mondo un posto migliore. Cioè,
dipenderà da come glielo lasciamo, questo mondo. Ma proseguiamo.
Venerdì sera avevo partecipato ad un party molto fighetto, a casa di un
amico architetto. C’erano tante persone e lui ha una casa che sembra uscita da
una rivista di architettura. Da bravo “architetto bravo” ha fatto una casa che
è un capolavoro di spazi e finiture, con pezzi di design molto appropriati.
Posso dirvi che –fino ad ora- questa è la casa più Milanese che ho visto, in
America dal vivo. È proprio elegante, bilanciata, nè troppo, nè troppo poco: tutto è appropriato. Non ho foto dell’evento, perché sono stufa della macchina fotografica. Però farò come
nelle antiche Gazzette di fine ottocento, dove i giornalisti invitati
raccontavano per filo e per segno cosa è successo, chi ha partecipato, come era
vestito, cosa ha bevuto e poi in che stato se ne è andato.
Io sono arrivata lì con altri due amici carissimi, che mi hanno dato
uno strappo in macchina (andata e ritorno). La festa era cominciata da
un’oretta e il padrone di casa era già impegnato con ospiti. La casa era piena
zeppa e mentre noi entravamo, ci siamo imbattuti in qualcuno che usciva,
cercando disperatamente le sue scarpe (il mio amico le fa togliere a tutti, per
visitare la sua casa). In una festa con una 50ina di persone, si parla di 100
scarpe circa. Per trovare le tue, il segreto è andare via per ultimo.
Saliti al piano “nobile”, il party si è offerto a noi nel pieno della
sua varietà. C’erano persone di tutti i tipi, professioni, gusti e vestiti.
Qualcuno era super classy (io e altri amici) altri erano molto easy (tanti) e
qualcun altro non ha rinunciato al vestito un po’ da lavoro. Di solito si tratta
di artisti, architetti, gente nel mondo della musica, che sono sempre vestiti
di nero, con qualche dettaglio riconoscibile. La loro divisa la indossano in
tutte le occasioni, sempre uguale nonostante la stagione cambi.
Su due tavoli c’era un po’ di cibo tipo salsine, creme, prosciutti
italiani e formaggi eccellenti. Fuori, sul patio, la zona bevande, con un
ottimo mojito che mi ha permesso di dare il meglio di me. Ho parlato con un
amico giornalista, con dei designer, con un art director, con altri architetti,
con una donna parroco, con un collega di lavoro, con un gatto obeso, con la
direttrice di un’università e con un signore un po’ sbronzo che non ho capito
cosa facesse, ma suppongo giardini o simili.
Adoro la casa del mio amico: ci sono delle sedie stupende, tutte di
design scandinavo, e questa volta c’era anche una sedia di sua invenzione, in
vetro, con un sistema che la riscalda elettricamente. Per tutta la sera è stata
a disposizione degli ospiti. Io l’ho provata e mi è piaciuta. Il design può essere
migliorato, ma l’idea del vetro caldo è interessante.
Un pezzo forte del salotto è una statua appesa al soffitto, molto
concettuale, fatta da archi di metallo che si incrociano nello spazio. Buona parte della
serata è stata spesa da me e altri amici a commentare tutti i possibili usi
pratici per una statua del genere, che occupa una stanza. Io ho proposto
appendino per i vestiti bagnati, oppure porta attrezzi da cucina. Ma l’uso che
ha scatenato l’ilarità generale è stato anche “ballo del limbo”. Ci sono archi
che arrivano ad altezze diverse, quindi a seconda del livello, uno potrebbe
benissimo fare delle gran sfide di limbo.
Mi sono divertita molto, anche se al momento di uscire di casa -prima del party- avevo ben poca
energia avanzata dalla settimana poderosa che ho passato. Mi ha fatto ridere il
fatto che, alla festa, alcune persone non conoscessero benissimo il padrone di casa, e che
la maggior parte fosse decisamente brilla, già molto presto. Il party è stato
un successone, tutti sono stati contenti.
Zucche e party a parte, sono andata a fare un giro della mia zona,
mentre aspettavo il bucato. È molto diversa dalla precedente, nonché molto
dversa da Lawrenceville, dove ho vissuto per 4 mesi. Insomma, vedetela voi.
Questo è solo una piccola parte, per lo più nelle vie secondarie. Farò anche altre foto, prossimamente.
Sabato sono finalmente riuscita a vedere un hotel di lusso ricavato da
un ex convento benedettino. Si chiama The Priory. È dietro casa mia, in pratica. Alla concierge c’è
Henry, un signore molto distinto, Italo-Americano ma per davvero, che sa l’Italiano,
proveniente da Bolzano. L’hotel è molto bello e hanno anche una chiesa (vedi
foto) ora adibita a salone di banchetti, per matrimoni etc. Molto carino, se
mai dovessi invitare qualcuno, lo sbatto in convento, ahaha!
Domenica sono stata in giro dalle 8.30 alle 3 del pomeriggio, senza
stop, in bici, per fare diverse cose. Sono andata di nuovo al gruppo di
conversazione in Italiano, dove devo ammettere che ci sono persone adorabili. È
davvero bello stare li. Per due ore si è chiacchierato in italiano e in
inglese, a sprazzi, del più e del meno. Ho deciso che voglio mettermi in gioco,
e dare una mano a creare piccoli eventi per il gruppo. Sono belle persone, e
sono sicura che mi farà bene variare un po’ le mie conoscenze.
Sono andata anche a ritirare il piatto del gufo, finalmente cotto, e
poi a comprare una giacca un po’ più pesante. Mi sto preparando all’inverno,
anche se non è ancora il momento. Mi piace essere pronta, e infatti ho anche
lavato già tutte le sciarpe, per la prossima stagione.
Concludo il post parlando del caffè pomeridiano che mi ha dato la forza
psicologica di inizarlo, questo post. Non avevo voglia di moka e quindi sono
uscita per cercare un caffè americano. Sono andata in un posto che pensavo
fosse aperto (il gestore era dentro) ma poi ho scoperto essere chiuso. Il
gestore, siccome avevo già chiesto il caffè, mi ha offerto una tazza (gratis!)
della brocca che aveva appena fatto per lui. Senza parole! Troppo gentili qui a
Pittsburgh.
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