Anche quest’anno ho evitato Halloween. L’ho scampata anche stavolta,
anche se forse non avrei dovuto. Alla fine mi resta sempre il dubbio di aver
fatto male, a evitarlo come la peste.
Due i motivi per cui anche quest’anno ho saltato: non ho avuto nessuna
particolare occasione di festeggiarlo (uno); sto invecchiando e diventando
sempre più “grumpy”, ossia scontrosa, rompipalle. Non mi va di vestirmi da
idiota, alimentando un business fittizio. È ora di finirla col consumismo! Io
mi travesto come e quando lo decido io, solitamente a Santa Beatrice –che non
esiste nemmeno, ma si festeggia il 13 febbraio- e nessuno mi deve dire come.
Per la cronaca: in quella occasione mi vesto da aviatrice, ma quella è una
storia lunghissima. Avrà almeno 20 anni, davvero. E come al solito è colpa sia
di mio padre che mi spiega le cose, sia colpa mia che non le capisco e in più
le ricordo a modo mio. Ma lasciamo a monte questi dettagli e scendiamo a
valle, dove c’è la roba seria.
Oggi vi parlerò di cose un po’ più particolari: non tanto cosa ho
fatto, ma perché l’ho fatto. Lascerò fuori tante cose “speciali” che sono tali
solo perché avvengono in America e mi concentrerò su piccoli episodi.
Episodio Barbecue. Sabato a pranzo sono andata in un posto un po’
particolare, vicino a casa, con un amico di recente acquisizione. Lui è
ingegnere elettronico, mi pare, ed è direttore artistico della sua impresa di
macchinari per teatro o performance. Inventa macchine per proiezioni, luci,
forse anche suoni… un tipo. Il posto è un ristorante che fa BBQ all’Americana,
ossia con la salsa barbecue. Il taglio di carne è la costina di maiale, ma come
al solito in America è tutto più grosso. O i maiali sono grandi come persone, o
sono persone davvero, o hanno solo le ossa grosse. Il BBQ era molto buono, lo
ammetto, ma il posto è notevole perché è
più buffo che buono. È come se si entrasse in un “pizza al trancio”,
scarnissimo di arredo se non per un bancone da alimentari, piccolino, con
alcune cose da bere e i contorni. I contorni sono la pasta in crema di
formaggio per intenderci (rientra tra le cose che mi vanto di non mangiare
perché ho deciso di no e basta). Il bancone sta in mezzo. Il lato a destra ha
due tavoli, ricavati da superfici orizzontali di vario genere, con sedute di
fortuna (o forse non c’erano nemmeno, le sedute). Il lato a sinistra ha un
grande camino, che ricorda quello di una casa. Non è un forno, è proprio un
camino. Opposto al camino, dietro al bancone, ci sono due tavoli lunghi e unti.
In questo spazio, 6 ispanici si muovono velocemente a catena di montaggio, da
chi prende i soldi a chi ti prepara il piatto. Non si può scegliere troppo: o
prendi la carne, o non la prendi. Puoi avere la salsa piccante, oppure meno
piccante. Noi abbiamo ordinato una porzione da dividere, dicendo “da asporto”.
Ci hanno preparato un piatto di pplastica, molto precario, tutto
intovagliolato. Noi abbiamo ripetuto: da asporto, eh! E loro lo hanno messo in
un sacchetto di carta, inutile. Mentre uscivamo, pensavo che l’effetto è un po’
quello di andare a comprare cibo in una autorimessa. Era tutto buono, ma
l’effetto era di essere nel posto sbagliato a fare la cosa sbagliata.
Per mangiare il tutto, con le mani, abbiamo attraversato la strada e ci
siamo messi in un giardinetto pubblico “spontaneo”. I residenti della zona si
sono presi uno spazio abbandonato e ne hanno fatto un piacevole giardino
urbano, con sentierini e fiori di tutti i tipi. C’erano delle aiuole bellissime
di una pianta che giuravo fosse salvia, e invece no. Però avevano la lavanda
vera. Col mio amico, mentre mangiavamo, abbiamo parlato tutto il tempo di
cucina italiana, creola e americana, cercando di capire le regionalità di certi
piatti e ingredienti. Una conversazione interessantissima, conclusasi con una
passeggiata nelle Mexican War streets e con la visita a Randyland, che smontava
tutto in previsione dell’inverno. Un paio di dettagli sono riuscita a
fotografarli ancora:
Episodio Volontariato: ho fatto ancora la volontaria come maschera per
uno spettacolo teatrale bellissimo. ONe-woman show, di Kim El, una donna
eccezionale. Raccontava la sua storia di difficoltà, imprevisti, dubbi, drammi,
depressione… e poi una rifioritura incredibile. Tutto era raccontato in prima
persona, attingendo alla sua memoria personale e ai racconti di sua mamma e
nonna, anche. Il tema era quello difficile della donna Afroamericana,
maltrattata persino dal compagno, che fa un po’ fatica a stare a galle. Ma
sempre orgogliosa, fino a che tutto non si risolve con l’aiuto di tanta forza
di volontà personale, amici, parenti, e anche uno psicologo. Perché anche se
non si è pazzi, a volte un aiuto esterno serve. Una bella lezione di vita! E
lei… bellissima e trasformista, con tanti costumi per ogni capitolo della sua storia,
e solo una scala che la accompagnava sul palco. Un proiettore proiettava delle
foto di lei, nel corso della sua vita.
Episodio Tenda della cucina: settimana scorsa stavo lottando col letto
cercando di farlo, usando le lenzuola vecchie, troppo piccole. Siccome un
lenzuolo mi si è anche rotto (non è vero… l’ho rotto io…) stavo pensando a cosa
fare della bella stoffa, così larga. Siccome è cominciato il freddo e comunque
la porta della cucina non ha una porta, ho pensato di fare una tenda della
cucina. È stato semplicissimo, anche se ho dovuto fare tutto a mano. Ho
comprato una bacchetta di legno, bella solida, per la cima, e ho solo cucito
gli orli, facendoli doppi e tripli, a regola d’arte. Vi faccio vedere il
risultato “tirato a lato”, visto che ora la tengo così (che è tornato il
caldo). Quando è tutta giù è poco ondulata, molto elegante e in tono con le
pareti. Il lenzuolo è bianco con delle delicate righe verdi, tutto sommato
appropriate.
Episodio The Quartet: finalmente ho visto quel film, che volevo vedere
da molto. Noleggiato su youTube, è stata una buona cosa, ma ha confermato che
il British English io non lo capisco. Per fortuna c’era tanta ottima musica!
Episodio Carnegie International: giovedì dopo il lavoro sono andata al
Carnegie Museum con Marcella, anche per evitare i bambini di Halloween. So che
la gente ini studio è tornata a casa prima, pur di essere sulla porta a dare
caramelle. Il Sindaco ha ordinato che l’orario consentito (e protetto dalla
polizia) era dalle 5:30 alle 7:30. Io ero
al museo a vedere la nuova grandissima esibizione che mi ha lasciato un po’
perplessa, ammetto. Bella, ma troppa roba. Qualche pezzo sicuramente
eccezionale, ma in media preferisco la collezione permanente, che per
l’occasione l’hanno un po’ concentrata per fare spazio alle opere nuove.
Dopo il museo, tutti al ristorante indiano Yuva, che resta il mio
preferito. Ci ho anche portato mamma e papà, un anno e tre mesi fa.
Tornata a casa, ho trovato sulla porta una scatolina con una cupcake
dentro, da parte dei miei padroni di casa. Gentilissimi! E ottima colazione, il
giorno dopo.
La cupcake era dentro, ma non sono riuscita a fotografarla bene...
era un po' spiaccicata e non valeva la pena. Però buona dai.
Episodi in cucina: sto diventando bravissima a fare dei pani alle
spezie, o con frutta, o con aromi… non mi serve altro che farina (di due tipi
diversi) e zucchero. Poi a secondo di quello che trovo in dispensa, la magia
avviene. Gli ultimi: al limone e menta uno e alla lavanda l’altro, ma
buonissimo anche il mela e cannella di qualche settimana fa.
E ora vi lascio con una carrellata di foto scattate in settimana. Concludendo con il mio zaino, pieno di spille, che ormai non so nemmeno dove metterne di nuove. Viva viva quella di Go Jovanotti Go! Dal mio Cugino preferito, con Signora ;)
Mò vado a prepararmi per il weekend.
Ciao ciao!
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